Il sapore della fedeltà: come il wine club crea relazioni durature

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Ilaria Anelli

Il sapore della fedeltà: come il wine club crea relazioni durature

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Chi lavora in una cantina, in una distilleria o in un birrificio artigianale lo sa: il valore di una bottiglia non sta solo in ciò che contiene, ma in tutto quello che rappresenta. C’è la terra, la fatica, le stagioni, le scelte coraggiose. E poi c’è la relazione con chi quella bottiglia la beve, magari dall’altra parte del mondo.

È da qui che nasce l’idea di un wine club: non solo per vendere, ma per creare legami duraturi, sinceri, personali.

Cos'è davvero un wine club?

Un wine club è molto più di un semplice abbonamento a bottiglie di vino. È un progetto pensato per creare un rapporto continuativo tra produttore e cliente. Chi entra in un wine club riceve periodicamente una selezione esclusiva di vini (o distillati, birre artigianali), spesso accompagnata da contenuti extra: storie, ricette, consigli di degustazione, inviti ad eventi. Ma soprattutto, riceve attenzione.

È un modo per far sentire il cliente parte di qualcosa di speciale — una piccola comunità con cui condividere non solo un prodotto, ma una filosofia, una passione, un territorio. Per le cantine e i birrifici, è uno strumento per vendere direttamente, sì, ma soprattutto per fidelizzare in modo autentico, profondo, umano.

Fedeltà non vuol dire “comprare spesso”, vuol dire “tornare perché ti fidi”

Un wine club fatto bene è un patto, non una strategia di marketing. Significa dire al cliente:

Tu per noi non sei un ordine su un gestionale, ma una persona con cui vogliamo




























crescere











Chi si iscrive a un wine club lo fa perché vuole sentirsi coinvolto, partecipe. Vuole essere il primo a scoprire una nuova etichetta, ricevere una selezione pensata con cura, magari accompagnata da una lettera scritta a mano o da un ricordo della vendemmia. Vuole, in fondo, sentirsi speciale.

Non vendere prodotti. Costruisci relazioni. Offri esperienze. Racconta storie.

Nel cuore di ogni wine club ben pensato c’è proprio questo: non l’urgenza di vendere di più, ma il desiderio di costruire qualcosa che duri. Una relazione vera, fatta di fiducia, ascolto e piccoli gesti che parlano di cura. Non basta una bottiglia per conquistare un cliente, ma un’esperienza condivisa può farlo restare.

Offrire un wine club significa aprire un canale umano e diretto, dove il vino diventa solo il punto di partenza per raccontare storie, emozioni, stagioni, volti. Significa spostare il focus dal “prodotto” alla relazione, e far sentire ogni persona parte di qualcosa di unico, di vivo, di tuo.

Una relazione a lungo termine

Un mondo grande per una relazione stretta

Chi vende all’estero lo sa: la distanza geografica è un ostacolo solo se lo lasciamo essere tale. Un wine club ben progettato, con una gestione efficiente delle accise, dei dazi e delle pratiche doganali, permette di spedire vino anche in Giappone o negli Stati Uniti senza che il cliente debba preoccuparsi di nulla.

È qui che la tecnologia e l’umanità si incontrano (come trattato nell’articolo Tradizione e innovazione nel mondo del vino) : quando il sistema doganale funziona in modo invisibile, il cliente può concentrarsi sull’esperienza — che deve essere fluida, bella, memorabile.

Non tutti i wine club devono essere uguali: c’è chi propone abbonamenti mensili, chi preferisce invii stagionali, chi costruisce il club attorno agli eventi in cantina e chi lo utilizza per dare esclusività. Ogni azienda ha il proprio stile, ed è giusto che il wine club lo rispecchi. L’importante è che dietro ci sia una promessa chiara e mantenuta: che ogni bottiglia inviata sia parte di una relazione, non solo di una transazione.

Oltre ogni limite

L'investimento che ripaga nel tempo

Costruire un wine club richiede tempo, cura e strategia. Ma è uno dei pochi strumenti che permette di trasformare un acquirente in un sostenitore, un cliente in un amico.

Chi entra a far parte del club non compra solo vino: compra un modo di vedere il mondo, di lavorare, di raccontarti. E se quell’esperienza lo colpisce, non solo tornerà — ma la racconterà.

E tutto questo, oggi, è possibile anche gestendo la complessità della vendita all’estero. Con i giusti strumenti tecnologici, con una logistica integrata e una gestione doganale impeccabile (ne parliamo più nel dettaglio qui).

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